LANCIA STRATOS



Stratosferica, nel vero senso della parola: una vettura nata per vincere e caratterizzata da un nome (abbreviazione di stratosferica, per l’appunto) che ne voleva sottolineare i contenuti innovativi. Con un’impostazione meccanica d’avanguardia, grazie al suo motore trasversale montato praticamente in posizione centrale e al passo ridottissimo che le garantiva doti di maneggevolezza eccezionali, la Stratos si presentava sul palcoscenico agonistico internazionale come la nuova pretendente al titolo mondiale.

 Il progetto Stratos discende dalla nobile stirpe dei 6 cilindri Ferrari e in particolare dal connubio della casa di Maranello con la Fiat che generò nel 1966 il primo Dino 6 cilindri di grande serie e tre anni dopo la 2400 cc che, opportunamente rivisto, avrebbe equipaggiato la Lancia Stratos. Questo motore erogava nella versione stradale una potenza di 192 CV a 7000 giri/minuto ma arrivava nelle versione competizione alla bellezza di oltre 300 CV a 8500 giri/minuto. Il telaio era di tipo monoscocca centrale con rinforzi in acciaio e strutture tubolari scatolate all’avantreno e retrotreno, a supportare sospensioni e motore.

La carrozzeria, completamente in fibra di vetro, era stata disegnata da Bertone e si richiamava solo vagamente al prototipo Stratos 0, presentato al Salone di Torino nel 1970. Questo fantascientifico esemplare aveva una linea praticamente “rasoterra” con il parabrezza anteriore in posizione quasi orizzontale.


Si narra che, alla sua prima ufficiale in Casa Lancia, quest’affusolato siluro a quattro ruote guidato dal responsabile delle relazioni esterne di Bertone entrò nel cortile della fabbrica passando sotto la sbarra che ne delimitava il confine! Fu proprio quest’avveniristico studio di linee a colpire l’allora responsabile del neoreparto corse e del reparto commerciale Lancia Cesare Fiorio, convincendolo che sarebbe stata quella la base per il futuro sviluppo dell’erede della Fulvia HF nelle competizioni rallistiche.

L’entusiasmo di Fiorio e l’appoggio di Bertone permisero di convincere Piero Gobbato, allora direttore della Lancia, a mettere rapidamente in produzione una serie di 500 esemplari (numero minimo necessario per l’omologazione nel Gruppo 4). Il progetto di questa vettura fu affidato, a livello telaistico, agli specialisti Giampaolo Dallara e Gianni Tonti. La carrozzeria fu opera di Bertone, che si avvalse del giovane Marcello Gandini per delineare i tratti essenziali di questa rivoluzionaria berlinetta.

Il prototipo della vettura fu presentato al Salone di Torino del 1971 e mostrava già le linee che poi sarebbero divenute famose e temute dall’allora mattatrice internazionale del campionato rally, l’Alpine Renault A110.


Il suo telaio con struttura monoscocca centrale portante era di concezione espressamente agonistica e permetteva degli interventi rapidissimi in caso di problemi, grazie anche ai due cofani completamente amovibili sulle vetture da gara e alla notevole accessibilità di tutte le parti meccaniche.

Un’altra piccola rivoluzione nel progetto Stratos era costituita dalla scelta di una diversa gommatura per avantreno e retrotreno: le maggiori dimensioni delle carreggiate e dei pneumatici posteriori conferivano a questa belva da gara un aspetto ancor più aggressivo ma, soprattutto, permettevano di aumentare notevolmente le sue doti di tenuta di strada. 


L’unico problema fu la divergenza nata in casa Lancia tra lo staff tecnico di progettazione della Stratos e il settore commerciale, il quale si trovò spiazzato sul tipo di pneumatico da adottare come ruota di scorta sulle vetture da vendere al pubblico: alla fine si optò per il pneumatico anteriore.

 Anche la scelta del motore non fu propriamente facile: c’era chi preferiva un classico 4 cilindri, più in sintonia con i motori Lancia, chi optava per il più prestante e frazionato 6 cilindri Ferrari e chi, addirittura, aveva in mente due diverse motorizzazioni per la Stratos da strada (4 cilindri) e quella da gara (6 cilindri). Il partito del motore Ferrari la spuntò e la berlinetta di casa Lancia nacque con il motore 2.418 cc con 6 cilindri a V di 65° montato sul prototipo presentato al Salone di Torino.

A prendersi cura della preparazione di questo gioiello fu il preparatore biellese Claudio Maglioli che fu anche uno dei più grandi sostenitori del progetto Stratos. La carriera agonistica della Stratos ebbe inizio nel 1972 con un debutto non proprio entusiasmante al Giro di Corsica: Sandro Munari dovette ritirarsi per problemi alle sospensioni.


Bisogna aspettare il 1973, invece, per festeggiare la prima delle numerosissime vittorie di questa rivoluzionaria berlinetta di casa Lancia: al Rally Firestone in Spagna, sempre guidata da Munari, la Stratos fece mangiare la polvere a tutti i suoi avversari, dando il primo avvertimento della sua “ferocità”.

Il primo titolo mondiale marche arrivò nel 1974, con la versione che montava ancora il motore con 2 valvole per cilindro accreditato alla fine evoluzione di una potenza di 270 CV a 7800 giri/minuto. Subito dopo il Montecarlo del 1975, trascorso il tempo necessario per ottenere la regolare omologazione delle evoluzioni tecniche, fece il suo debutto la ancor più “pepata” versione con testata a 4 valvole per cilindro, che riusciva a scatenare una potenza di 300/305 Cv a 8500 giri/minuto. 


Con questa configurazione meccanica la Stratos si sarebbe aggiudicata ancora ben due titoli mondiali costruttori proprio nel 1975 e poi ancora nel 1976. Dopo il trionfale successo del “Monte” del 1977 il suo destino venne deciso dalla politica aziendale del gruppo Fiat, che preferì privilegiare la appena nata 131 Abarth, in quanto più rappresentativa per l’immagine della produzione di serie. Così, tristemente, una vettura che aveva spaventato tutti in pista, ma anche fuori, per la sua immagine “poco omologabile”, si vide negare un futuro ancora certamente competitivo.


Claudio Maglioli pare che avesse in lavorazione una Stratos estrema con il motore 8 cilindri della Ferrari 308 GTB. Una belva sopra ogni limite, che si sarebbe presentata con una potenza di almeno 400 CV, per dimostrare che la Stratos aveva ancora parecchio da dire… Però la Ferrari non fu d’accordo nell’impiego di questo vero e proprio mostro e così, nel 1978, la Stratos abbandonò ufficialmente le competizioni rallistiche, lasciando spazio alla neonata 131 Abarth. L’affascinante Lancia venuta dalla stratosfera, comunque, non si poteva certo lamentare del suo prestigioso bottino!