FERRARI PININ

Al salone di Torino del maggio 1980 viene svelato un manichino straordinario. Bellissimo, con il cavallino rampante sul cofano e una linea da mozzare il fiato. Per la prima volta allo stand Pininfarina non c'è la "solita" gran turismo su meccanica Ferrari, ma una vettura a 3 volumi e a 4 porte.


Una berlina da sogno che stravolge completamente l'immagine Ferrari concepita fino a quel momento. 30 anni fa, le tradizioni erano più rispettate di oggi. La sola idea che case automobilistiche come Porsche, Aston Martin o Lamborghini, potessero inserire in gamma una berlina a 4 porte era considerata un'eresia, figurarsi Ferrari.

E' per questa ragione che alla fine la Ferrari Pinin resterà un sogno da salone e non entrerà mai in produzione. A mettere la pietra sopra al progetto fu lo stesso Enzo Ferrari che, pur complimentandosi per il bel lavoro svolto, esclude la possibilità di costruire una vettura di questo tipo.


In realtà la Pinin, disegnata da Leonardo Fioravanti, l'unica costruita, merita un approfondimento. Non solo per la sua importanza stilistica, ma anche per la sua storia veramente particolare. Quando questa vettura compare al Salone di Torino, infatti, non è un'automobile nel vero senso della parola, bensì un puro esercizio di stile. 

La carrozzeria, lunga 4,83 metri, sorprende per i montanti nascosti sotto i vetri fumè, per i paraurti perfettamente integrati e quasi invisibili, una linea che riesce ad essere elegante ma, al contempo, a essere aggressiva come impone a una vera Ferrari.


La mascherina, in acciaio inox, è un elemento stilistico portante del frontale e il disegno dei fari anteriori e posteriori sono avanti di vent'anni rispetto a tutte le altre vetture. Dentro, un abitacolo spaziosissimo, rivestito di materiali pregiati, con quattro comode poltrone a disposizione, e una futuristica strumentazione Veglia.

Sotto il cofano anteriore è previsto un motore boxer a 12 cilindri, quello montato sulla 512, che dovrebbe donare anche il resto della meccanica. Il condizionale, in questa ultima frase è d'obbligo, perchè la Pinin non ha meccanica. Sotto il cofano una moquette in legno del motore, ma niente altro.


Non ci sono cambio, l'impianto elettrico, così come mancano freni, frizione... Tutto è più o meno sagomato o dimensionato per accogliere la meccanica prevista, ma sotto il vestito... niente. Passano i saloni successivi e la Pinin compie il suo dovere di portabandiera di stile, per poi venire messa a riposo all'interno di un capannone.

Dopo qualche anno, la compra Jacques Swaters, il corridore-direttore della Ecurie Francorchamps, da anni amico personale di Ferrari e mitico importatore delle vetture di Maranello per il Belgio.Il suo sgno ammaliato da tanta bellezza, è di rendere la Pinin "viva", dotandola della meccanica prevista.


Inizia i lavori, partendo da un motore di 512 BB a carburatori, ma in realtà fa ben poco. Scopre, azi, che il progetto è molto più complesso del previsto. Troppe le parti mancanti e troppo il lavoro di studio necessario. La Pinin resta così immobile, esposta come oggetto di stile all'interno della sua collezione.

Nel 2008 il colpo di scena. Per raggiunti limiti d'età e una salute minata, Swaters decide di alleggerire la sua collezione e sfrutta l'asta della R.M. a Maranello. Il 18 maggio 2008, esattamente 28 anni dopo il primo debutto, la Pinin torna pubblicamente sotto la luce dei riflettori. Il problema è che seppur presentata come vettura è catalogata ed inserita nella parte dei lotti legati all'automobilia.


Non è una Ferrari vera e propria, non è nata a Maranello e non ha nemmeno il numero di telaio. A causa di ciò non può essere certificata e quindi per le regole dell'asta non può essere messa in vendita come automobile. Malgrado ciò la lotta per entrarne in possesso è accanita.

Alla fine la spunta un appassionato di Modena che, fiducioso, spera di poter completare l'opera iniziata in Belgio. A questo punto, però, si è svelato il finale: la Pinin, sia pure non idonea per viaggiare e priva di una precisa identità, è un prototipo marciante. Chi sa il lavoro e la follia che si cela dietro al sui movimento non può che apprezzarla.


A tutt'oggi la Pinin ha percorso, in moto, circa 40 km, tra concorsi e prove su strada e ha raggiunto i 130 km/h. L'assetto è da vera gran turismo, le temperature restano in zona tranquillità anche sotto il sole, i freni sono ottimi e il telaio lavora bene. D'estate all'interno dell'abitacolo fa caldo perchè non c'è aerazione di nessun tipo e i vetri sono fissi, ma la visibilità è eccellente come la posizione di guida.

A questo punto solo un pensiero occupa la mente: viste le doti innate della Pinin, se Sergio Pininfarina nel 1980 l'avesse resa "mobile", magari rubando l'ing. Forghieri per qualche giorno dai suoi impegni con la Formula 1 ed Enzo Ferrari l'avesse potuta guidare, probabilmente la storia sarebbe stata diversa...