BIMOTA 750 DB1


Tante primizie per questa Bimota, un modello tra i più significativi in assoluto tra tutti quelli che sono usciti dalla fabbrica riminese in via Giaccaglia. Esteticamente quello che subito colpisce è ovviamente la carenatura completa. A distanza di anni può non stupire, ma quando viene presentata - nel 1985 - la DB1 lascia ammirato il pubblico degli appassionati: fino a quel momento, mai una moto stradale era stata dotata di una vestizione integrale.


Ma la DB1 ha una sua rilevante importanza storica perchè apre un secondo ciclo per la Casa riminese. Il direttore tecnico e co-fondatore Massimo Tamburini lascia l'azienda nei primi anni '80 e in via Giaccaglia si deve affrontare una fase molto delicata: non è facile sostituire un tecnico del suo calibro.

Entra però in azienda l'ingegner Federico Martini che si rivela di grande talento e prende la decisione di realizzare la prima Bimota tutta italiana. La scelta del motore cade sul bicilindrico 750 della Ducati che a Borgo Panigale equipaggia la F1 e prende il via il progetto DB1.

Al contrario dei modelli precedenti che hanno il traliccio perimetrale, qui il telaio ha un traliccio superiore con il motore "appeso". Altra differenza rispetto al passato è data dal serbatoio che è in materiale plastico (polietilene reticolato) anzichè alluminio. La nuova moto si rivela estremamente compatta ed è dotata di ruote da 16". La ricercatezza stilistica fa della DB1 una delle moto più raffinate mai prodotte in questi anni.

Molto eleganti sono i due cilindri relativi ai liquidi della frizione e del freno anteriore posti sulla forcella. Bellissima è la piastra dello sterzo lavorata dal pieno, con il pomello dello starter posto al centro. Nuovi sono i cerchi scomponibili costruiti dalla stessa Bimota. Tutto congiura a togliere i sonni agli appassionati e la DB1 si rivela un modello di grande successo. Grandi numeri di vendite si segnalano in Giappone, dove l'idea di una Bimota italiana al 100% è particolarmente apprezzata.

La DB1 ha tanti pregi e un unico vero difetto: le manca qualcosa in fatto di prestazioni. Il look della carena integrale fa molto Gran Premio e la ciclistica sopraffina promette grandi soddisfazioni alle alte e altissime velocità. Il motore Ducati invece ha il fiato corto. La scuderia mette a disposizione "solo" 63 CV, che consentono di superare - ma non di molto - la fatidica soglia dei 200 Km/h. Dato che questo risultato era alla portata anche di qualche maxi negli anni '70 ci si può immaginare come una parte degli appassionati aspiri a qualche cosa di più travolgente.


Per accontentare questi leciti desideri la Bimota allestisce una seconda serie, siglata "S", capace di prestazioni decisamente più interessanti, con una potenza massima superiore di 6 CV e per esaudire le richieste dei più sportivi verrà in seguito realizzata anche la più performante serie SR che guadagna 18 Cv e raggiunge una velocità massima più consona ad una sportiva di questo genere, toccando i 220 Km/h.

Se la DB1 è rara, ancora di più è la versione SR. Rispetto alle già poche centinaia di DB1 prodotte, la SR è di circa un terzo: in totale vengono prodotte 516 esemplari. Un quantitativo davvero ridotto che rende la SR un modello particolarmente ambito e inevitabilmente proposto a quotazioni decisamente elevate. La serie SR della DB1 rappresenta la Bimota tutta italiana che gli appasionati si sarebbero aspettata fin dall'inizio: bella, raffinata e potente.